Romanzo di Ferdinando Scavran “SENZA RUMORE” (Lupo Editore).

Ultimo anello di una trilogia, “Senza Rumore” corre da solo, a prescindere dai due romanzi precedenti.

Narra la storia di Ares, un cinquantenne ristoratore di Ioannina (Grecia) che conduce una vita tranquilla dopo un passato avvincente e burrascoso. Ma l’imprevisto, il fascino della mitologia, e le presenze inquietanti sono dietro l’angolo pronte ad uscire allo scoperto inaspettate. Ares, a cavallo di due identità, di due personaggi, uno del presente ed uno ingombrante di un guerriero spartano del passato, continua quindi a combattere per cercare la propria indipendenza e la propria donna, troppe volte coperta e mistificata nella terribile Ecate.

Ferdinando Scavran è stato di recente ospite presso il comune di Salonicco dove è in corso la traduzione di “Senza Rumore” in lingua greca che sarà pubblicato e presentato nella stessa città ellenica nel mese di ottobre.

Un ennesimo traguardo che si aggiunge al grande successo che “Senza Rumore”, targato Lupo Editore, sta riscuotendo in tutt’Italia.

SENZA RUMORE Nei confronti dei precedenti: “E gli Dei mi chiesero di tornare” e “Ascolta le Ninfe”, in questo romanzo “Senza Rumore”, che conclude il ciclo epico della trilogia, la narrazione si fa più sobria, più agile, più umana. L’avvicendarsi degli eventi si snoda attraverso una scansione temporale logica e conseguenziale, in cui il lettore riesce ad identificarsi nelle vicende in una sorta di complicità irriflessiva, sconfinando in una estensione indefinita che lo conduce ad un mondo perduto e sconosciuto.

“Perdersi per ritrovarsi”: questa è la legge del fato, questo è il volere degli Dei, poichè: così è scritto e così sia fatto! Dunque Ares, il protagonista, deve agire, sacrificarsi, dimenticarsi nelle cose e fra gli uomini: praticamente un distacco dalla realtà accompagnato da un predominio della vita interiore dove si scatena burrascoso il conflitto tra mito e realtà: il tutto in silenzio, senza rumore.

L’allucinazione, l’ossessione nel romanzo non rispondono mai “presente”!: lo sono già nel volto bello e misterioso di una donna, nello squillo del cellulare, in un incontro fortuito.

Sono universi di fuga che aprono la strada maestra al favoleggiamento e alla menzogna, che diventano “vere favole in cammino” ((Duprè) che conducono il protagonista nel reticolato della irrealtà e del mistero.

Il reale e l’immaginario non sono, dunque, due mondi separati e lontani, ma collaborano nella percezione stessa del mondo, si mescolano nel groviglio onirico alla assurda conquista dell’ignoto (l’immaginario) per poi squarciarsi nella pallida verità del presente dove tutto è attuale, tutto è logico, tutto è fattibile, tutto è storia vivente e vissuta (il reale): la Sparta di ieri è riflesso della Ioannina di oggi, anzi la risucchia nel torbido dell’illusione e dell’inganno per poi restituirla alla luce della vita e ad Ares la certezza di una vera identità esistenziale.

Scavran conosce gli scoppi delle passioni, la gradazione dei sentimenti, il precipitare improvviso delle situazioni, i violenti sconvolgimenti, gli amori tempestosi. Fa di Ares l’incarnazione dell’eroismo guerriero, illuminato da una umanità superiore. Lui non vede né vincitori né vinti, ma combattenti, guerrieri, in definitiva uomini audaci e pronti all’azione. La pietà per i vinti e per i morti dell’Ade (Afro, Esagete, Ecate), la coscienza dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla sventura e al destino, gli affetti familiari e amichevoli (Dafne, Paris), l’insidioso fascino della bellezza femminile (Greta, Ascaunìa, Evanghelia), il senso gioioso di una vita allietata dalla serenità della pace, sono sentimenti ben noti al protagonista. Egli è la personificazione e il simbolo dell’antico navigatore ionico (Ulisse, per intenderci), esperto di tutti i pericoli e di tutte le avventure.

L’esperienza è in lui saggezza, una saggezza che ricorre alla forza, se necessario, ma che preferisce l’astuzia e a volte l’inganno. Ma questo eroe astuto e valoroso è soprattutto un grande infelice: pur di ritornare a Ioannina con la sua donna, disperatamente cercata nel labirinto dell’Ellade spartana, sacrifica l’amore di una Ninfa (Calipso) e di conseguenza l’immortalità. L’obbiettivo, l’unico obbiettivo, è che gli eventi onirici, i rapporti atemporali tra ciò che è e tra ciò che fu, o meglio, tra ciò che non fu, le azioni provocatorie e passionali di donne sdoppiate nell’epopea omerica, diventino vita, prendino forma attraverso la concezione eroica del mondo, l’ardore dei sensi e il recupero dell’innocenza. La visione dell’Egeo ellenico rivive in tutta la sua concretezza fisica, tuttavia avvolta in un’atmosfera trasognante che emerge da situazioni impalpabili che evidenziano il “clima d’assenza” inteso come un qualcosa che tende a giungere. Sicchè da tanto fermento di epicità e di allusioni, il 10 agosto di un anno qualunque, Ares esce alla luce dalla vita per diventare quello che è: Ferdinando Scavran, l’autore. Attento lettore: nel chiudere il libro, avvertirai un soffio leggero, quasi sospeso nell’aria: è il soffio di Ecate che piange desolata sulle sciagure umane nel tempo eterno dell’immortalità. Leggilo e capirai!!! Vincenzo Abati

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