L’”Art’enoica”…. e i quadri che cambiano nel tempo!
Il consumo del vino accompagna le vicende dell’uomo fin dalla più remota antichità: per la sua forza simbolica, aggregante e festosa, viene da sempre considerato dono fra i più preziosi, poiché concesso dagli dei. La pittrice vanta un curriculum artistico di tutto rispetto: le sue opere son depositate presso importanti Musei d’Italia, come il Museo di Pulcinella a Napoli, di cui Arianna Greco e’ Ambasciatrice, ma anche il noto Museo Piero Taruffi di Bagnoregio (Vt) che proprio per il 2013 l’ha scelta come artista realizzatore dell’opera simbolo dei 25 anni di attività e del felice connubio tra vino e auto d’epoca. Nel 2012 le sue opere hanno fatto il giro d’Italia, dal Vinitaly a Firenze dove, in occasione del Wine Town la sua Personale e’ stata ospitata dell‘Azienda Il Borro presso palazzo Salimbeni, insieme all’opera “Il Bacco di Arianna” entrata a far parte della collezione privata dello stilista Ferragamo.

Tanti “se” che trovano risposta nell’ART’ENOICA, l’arte di dipingere utilizzando il vino, ottenendo, così, su supporto telato, sfumature cromatiche che vanno dal rosso porpora al rosso aranciato, dal giallo dorato al giallo ambrato, dal rosa tenue al color mattone.

Tanti discorsi, nel corso dei secoli, son stati fatti attorno al vino: ha ispirato pensatori, poeti, filosofi, artisti, ha sedotto uomini e donne nelle sue varie fasi “di vita” e ancor prima della sua stessa vita! E quella dell’enoarte è il risultato di una di queste tante seduzioni.

Ma come nasce l’idea di utilizzare questo “colore” per dipingere? Che difficoltà si incontrano, se se ne incontrano? Che risultati si ottengono? Quanto cambia il colore del vino? Cosa si prova a plasmarlo?

L’Art’enoica è il risultato di una seduzione e, nel mio caso, è strumento per rappresentare questa stessa forza seduttiva. Dipingo da sempre con metodi e materiali tradizionali e sempre sotto la spinta di forti emozioni. Ma, si sa, l’artista è fatto proprio così: ha bisogno di essere trasportato da potenti moti dell’animo. I miei quadri al vino nascono, così, per amore. Amore per un uomo che, per caso, ha incrociato la mia strada, deviandola e percorrendola insieme a me.
Un altamurano sedotto da sempre dal Nettare di Bacco. E da quel momento il mio spirito artistico ha trovato nutrimento. Il vino rosso, fiero e potente, col suo carattere antropomorfo, è divenuto filo conduttore della mia produzione. Il primo vino utilizzato su tela è stato un Primitivo di Manduria: ironia della sorte, un vitigno d’origine altamurana, portato in dote, poi, a Manduria dalla Contessa Sabini. I colori ottenuti tendono al grigio-lilla-viola (un viola formato da una maggior quantità di blu) e son gli stessi ottenuti col Primitivo di Gioia del Colle. Ma con una differenza: nel caso del Primitivo di Manduria, anche a distanza di giorni la resa cromatica resta invariata mentre nel caso del Primitivo di Gioia del Colle, se utilizzato dopo qualche giorno dall’apertura, il colore diviene quello di un viola tendente al rosso. Ho provato vari vitigni che, per me, son ormai classificabili come “colori”: il rosso rubino della Barbera, l’aranciato di un vecchio Barolo del 1976, il giallino di un Dolcetto delle Langhe del 1981, il bordeau del Nero di Troia, il mattonato-rossastro dell’Aglianico del Vulture, il Marrone del Negroamaro e fin’anche la lucentezza di un bianco prodotto a Gioia del Colle ed utilizzato come “accettore” cromatico per il quadro dedicato alle quattro mogli di Federico II di Svevia in occasione della festa federiciana 2012 di Altamura. Un quadro realizzato appositamente come tributo allo Stupor Mundi letto in chiave “passionale”: Federico II ebbe quattro mogli, le prime tre gli furono imposte dalla ragion di Stato ben rappresentata dai papi, mentre amò sinceramente l’ultima con la quale visse un rapporto avvolto dal mistero, sotteso fra storia e leggenda.

In realtà le mogli di Federico furono utili solo per fornire qualche erede legittimo alla Casa di Svevia, in aggiunta ai più numerosi bastardi; ma nessuna di loro riuscì a giocare un ruolo politico apprezzabile, schiacciate dalla personalità del marito ed oltre tutto sempre chiuse nei palazzi dorati della Corte. Per questa tela, in esposizione ad Altamura presso Studio 52 dal 21 Aprile al 5 Maggio, ho utilizzato tre vitigni autoctoni. L’aglianico del Vulture per Costanza D’aragona, caratterizzata dal suo celebre Camaleuco, Aglianico e Primitivo di Gioia del Colle per Elisabetta D’Inghilterra, Nero di Troia per Elisabetta di Brienne e Primitivo di Gioia del Colle per la bellissima Bianca Lancia, che, con i seni tagliati, sorregge il vassoio che fece recapitare, in punto di morte all’Imperatore. Per Federico II, che si impone centralmente e prevale sulle figure intorno a lui, ho utilizzato tutti e tre i vitigni.

Il regista Biolchini sceglie un’opera di Arianna Greco come copertina del suo primo libro

Segnaliamo l’ultimo lavoro di Francesco Biochini: “L’amore è come un bicchiere di vino rosso” (Arduino Sacco Editore) che sarà presentato a Taormina ad Agosto e a Settembre:

“Pensieri, sensazioni, rabbia, dolore, rimorsi… no, rimorsi no…rimpianti forse. Ho passato una vita a dire, scherzando, agli amici che è sempre meglio avere rimorsi che rimpianti… i rimorsi se li hai è perché hai fatto qualcosa di cui dopo magari ti penti… ma i rimpianti no… i rimpianti sono lo specchio di qualcosa che ti fa male… qualcosa che sai che prima o poi ti si riproporrà davanti… E’ facile dirlo davanti ad un bicchiere di troppo, davanti ad un fratello che mai ti giudicherà negativamente…”

Bella la copertina, per la prima nella storia dipinta con il vino: “L’amore tuo Diffonde il suo Vigore in tutto il mio Essere” (Primitivo di Manduria su tela, cm 30×40) di Arianna Greco, colei che ha lanciato uno stile tutto nuovo, non solo perché dipinge col vino (ed anche con la birra), ma anche perché dai suoi dipinti vengono fuori tutta la passione, l’ardore, la bellezza e l’allegria proprie del nettare di Bacco.

 

 

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